sabato 17 maggio 2014

Cristo intende dire che chi crede in Lui diviene strumento di un’opera di salvezza compiuta dal Padre, divenendo egli stesso rivelazione del Padre, in forza della fede in Cristo.


At 13,44-52 “Noi ci rivolgiamo ai pagani”
Salmo 97 “Cantiamo al Signore, salvezza di tutti i popoli”
Gv 14,7-14 “Chi ha visto me ha visto il Padre”

Le due letture odierne si collegano in forza di un tema che è quello dell’azione di Dio nei suoi Apostoli; Dio stesso compie la sua opera nei suoi ministri e attraverso di essi, così come, nel tempo del ministero pubblico di Gesù, è il Padre che attraverso di Lui compie le sue opere. Questa espressione, “compiere le opere del Padre”, ha lo stesso significato e lo stesso valore che dire “il Padre compie le sue opere attraverso i suoi ministri”. Si tratta di un insegnamento molto evidente, in quanto, nel brano evangelico, Cristo stesso si esprime in termini analoghi, a proposito della domanda di Filippo, il quale voleva che Cristo mostrasse loro il Padre. Gesù risponde che il Padre è già visibile in Lui (cfr. v. 9), e poi aggiunge: “il Padre che è in Me, compie le sue opere” (v. 10). Il Padre compie le sue opere attraverso il Figlio, ma anche coloro che credono nel Figlio, e che in Lui si pongono a servizio di Dio, si inquadrano nel medesimo mistero strumentale. Infatti, Cristo si riferisce anche a coloro che crederanno in Lui e descrive l’esito della loro vita negli stessi termini della propria: “anche chi crede in me, compirà le opere che io compio” (v. 12). Implicitamente, ma in modo inequivocabile, Cristo intende dire che chi crede in Lui diviene strumento di un’opera di salvezza compiuta dal Padre, divenendo egli stesso rivelazione del Padre, in forza della fede in Cristo. Ma questa medesima espressione significa pure che nel discepolo si replicherà la vita del Maestro, insieme alla caratteristica più fondamentale del ministero messianico di Gesù: essere strumento dell’opera del Padre.
Il brano degli Atti, descrive l’apostolato di Paolo e mostra chiaramente come in lui si sia realizzata davvero questa strumentalità, di cui Cristo parla ai suoi discepoli nel contesto dell’ultima cena secondo Giovanni. La verità di questa promessa è personificata da Paolo, nel quale si replica appunto l’esperienza di Cristo sotto tanti aspetti. Paolo annuncia la Parola di Dio a una moltitudine ma viene colpito dalla gelosia, dalla contraddizione, dalla persecuzione che si scatenano ben presto contro di lui; così come Cristo aveva sperimentato l’opposizione del mondo alla Parola di verità. Dall’altro lato, il passaggio di Paolo, così come il passaggio di Cristo per le vie della Palestina, diffonde intorno a sé la gioia e apre i cuori alla glorificazione di Dio. Nel vangelo, e soprattutto nei racconti di Luca, viene sottolineato ripetutamente che al passaggio di Cristo, ai suoi gesti di guarigione e di liberazione, consegue l’acclamazione del popolo e la glorificazione di Dio. Così anche il passaggio di Paolo nel mondo pagano produce gli stessi effetti: “i pagani si rallegravano e glorificavano la Parola di Dio” (v. 48).  
Don Vincenzo Cuffaro

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