domenica 11 maggio 2014

Cristo applica a Sé questa immagine per dire che, finalmente, i ladri e i briganti che usurpano il ruolo di pastori, entrando nel recinto ma non per la porta, hanno cessato di spadroneggiare.


At 2,14a.36-41 “Dio lo ha costituito Signore e Cristo”
Sal 22/23 “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”
1Pt 2,20b-25 “Siete stati ricondotti al pastore delle vostre anime”
Gv 10,1-10 “Io sono la porta delle pecore”

L’insegnamento odierno fa leva sull’idea del ritorno dalla dispersione. L’argomento non è trattato in maniera tipologica, come spesso avviene, partendo dalla dispersione degli Israeliti tra le nazioni, per poi giungere alla dispersione determinata dal peccato, ma è affrontato in modo diretto, senza metafore, dichiarando che l’esclusione di Dio dalla vita di una società umana, produce un disorientamento sempre crescente. Da qui l’esortazione dell’Apostolo Pietro a ritornare al Pastore per essere radunati (cfr. v. 25). Il tema del Pastore che raduna e preserva dalla dispersione è dunque centrale nella liturgia della Parola odierna, anche se è esplicitamente menzionato dalla seconda lettura e dal vangelo, ma non dalla prima lettura, la quale piuttosto fa riferimento alla signoria universale ottenuta da Cristo dopo la sua risurrezione. Nella prima lettura, comunque, il tema del raduno dalla dispersione è adombrato dall’accoglienza della Parola e dal Battesimo, che costituiscono la prima comunità cristiana: “quel giorno furono aggiunte circa tremila persone” (v. 41). Al tema centrale del raduno si collegano poi una molteplicità di spunti teologici che arricchiscono la liturgia odierna. Nelle parole di Pietro si intravede la nascita della Chiesa coi suoi elementi sacramentali indispensabili: il Battesimo e l’effusione dello Spirito. L’uno e l’altra hanno però bisogno di fondarsi su una opzione fondamentale per Dio, senza la quale non fiorisce alcuna novità di vita. Per questo il discorso dell’Apostolo inizia con un appello alla conversione. Va anche notato come egli mantenga la chiara distinzione tra due momenti, quello del Battesimo e quello dell’effusione dello Spirito: “ciascuno di voi si faccia battezzare […] e riceverete il dono dello Spirito Santo” (v. 38). La Chiesa si costituisce così come un raduno, come una divina convocazione: “quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro” (v. 39). L’idea del raduno dalla dispersione ritorna poi nel brano evangelico, ma in connessione con la metafora del pastore e del gregge. La signoria universale ottenuta dal Risorto, che Pietro annunciava nella prima lettura, si riveste di sollecitudine: il pastore è continuamente preoccupato della custodia del suo gregge, sia conducendolo ai pascoli migliori, sia proteggendolo dalle minacce delle bestie rapaci. Cristo applica a Sé questa immagine per dire che, finalmente, i ladri e i briganti che usurpano il ruolo di pastori, entrando nel recinto ma non per la porta, hanno cessato di spadroneggiare. Lui stesso infatti è la porta. Chi entra per altra via, prescindendo dal confronto con Lui, non è un pastore. Le pecore che hanno conosciuto il vero Pastore, non cadono più nell’inganno: “Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati” (v. 8). Adesso il gregge di Cristo sa chi seguire. L’Apostolo Pietro, a conclusione della seconda lettura, sintetizza la condizione felice del nuovo popolo di Dio con queste parole: “Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime” (v. 25). Pietro sottolinea inoltre che per i cristiani il Pastore è anche Maestro; il suo modo di essere uomo e di affrontare la vita è un punto riferimento per l’agire cristiano: “Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme” (v. 21).
Don Vincenzo Cuffaro

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