sabato 10 maggio 2014

il Signore sa dosare perfettamente, tanto nel cammino individuale quanto in quello della Chiesa nel suo insieme, l’alternanza della prova e della consolazione, della persecuzione e della pace, che, come avviene per le stagioni che si susseguono sulla terra, garantiscono la fioritura della vita cristiana.


At 9,31-42 “La Chiesa cresceva, colma del conforto dello Spirito Santo”
Salmo 115 “Ti rendo grazie, Signore, perché mi hai salvato”
Gv 6,60-69 “Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”

Le letture di questo giorno presentano chiaramente l’azione dello Spirito in quanto datore di vita, che agisce nella parola della predicazione apostolica. Così, negli Atti degli Apostoli, Pietro è raffigurato nel suo ministero di guarigione, ministero derivante a sua volta da quello della Parola, che infatti, nel vangelo odierno, è definita da Cristo “Spirito e vita”. Questa Parola, che Cristo stesso consegna ai suoi Apostoli perché la trasmettano alla Chiesa, non soltanto fa conoscere Dio, comunicando delle informazioni su di Lui, ma introduce soprattutto la comunità cristiana nella dinamica della salvezza, ossia in una nuova energia di vita che è capace di vincere qualunque genere di infermità e di morte.
Il versetto chiave che collega le due letture è costituito da Gv 6,63: “E’ lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita”. Questa espressione, accostata al testo degli Atti, offre una particolare chiave di lettura per il ministero di guarigione di Pietro, che sembra essere la conseguenza naturale del ministero della Parola. Colui che è chiamato da Dio a far risuonare la Parola, essendo la Parola essa stessa Spirito, comunica la vita a coloro che l’accolgono nella fede, e ciò si verifica per una forza intrinseca che opera nella predicazione e che manifesta tutta la sua efficacia in coloro che credono.
Il testo degli Atti si apre descrivendo un periodo di pace che la prima comunità cristiana sperimenta come una tregua tra le persecuzioni da parte del giudaismo. Gli Atti degli Apostoli non raccontano soltanto le persecuzioni – ci sono stati indubbiamente dei tempi difficili di condanna, di carcere, di fustigazione per la prima generazione dei cristiani e si è visto come questi tempi difficili siano accompagnati da una particolare vicinanza di Dio - ma raccontano anche i tempi di pace, perché non si creda che la vita cristiana, pur essendo incentrata sul mistero pasquale di morte e risurrezione sia solo combattimento, persecuzione e prova; è anche questo, ma il Signore sa dosare perfettamente, tanto nel cammino individuale quanto in quello della Chiesa nel suo insieme, l’alternanza della prova e della consolazione, della persecuzione e della pace, che, come avviene per le stagioni che si susseguono sulla terra, garantiscono la fioritura della vita cristiana.
L’evangelista Luca, nel testo odierno degli Atti, descrive dunque un tempo di pace che Dio ha garantito alla Chiesa e che viene identificato, nella sua modalità, da due espressioni relative all’atteggiamento della Chiesa: “essa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo” (At 9,31). La gioia cristiana è infatti qualcosa di diverso che non semplicemente un benessere, una condizione gradevole alla propria sensibilità. La gioia cristiana è qualcosa di più profondo, è soprattutto un dono che scende dall’alto, più che la conseguenza di una tregua, o il frutto di circostanze favorevoli. Per questo, il conforto dello Spirito viene collegato da Luca al timore del Signore, intendendo dire che nessuno può gustare la gioia dello Spirito senza sottomettersi incondizionatamente ai decreti di Dio, all’alternanza dei tempi stabiliti da Lui, al modo in cui Egli dosa pace e persecuzione, sofferenza e consolazione. Tale dosaggio risponde a una logica comprensibile solo all’intelligenza divina. Tutt’al più può avvenire che nel volgere di lunghi anni, e dopo tante evoluzioni, possiamo acquisire maggiori elementi per capire un po’ di più l’opera di Dio nella nostra vita. E ciò nel contesto di una incondizionata e perseverante sottomissione a quel che Dio decreta per noi, giorno dopo giorno, anche quando lo scopo ultimo degli eventi non è subito comprensibile. Perciò il timore del Signore, che rappresenta appunto il sentimento che accompagna l’ubbidienza del figlio, è la base su cui il conforto dello Spirito può diffondersi nella vita della Chiesa come anche in quella del singolo credente.
Don Vincenzo Cuffaro

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