domenica 4 maggio 2014

Quando lo sconosciuto compagno di viaggio chiede informazioni ai discepoli di Emmaus circa gli eventi della Pasqua, questi ne danno un resoconto centrato solo sul presente. Non vi è nelle loro parole alcun riferimento alla Parola, alla quale avrebbero dovuto volgersi per capire la volontà di Dio. Ciò dimostra che essi non sono stati in grado di leggere gli eventi relativi al ministero pubblico di Gesù alla luce delle Scritture. È mancata una chiave indispensabile per aprire i segreti di Dio e per capire la storia e il tempo che trascorre.


At 2,14.22-33 “Non era possibile che la morte lo tenesse in suo potere”
Sal 15/16 “Mostraci, Signore, il sentiero della vita”
1 Pt 1,17-21 “Foste liberati con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza
macchia”
Lc 24,13-25 “Lo riconobbero nello spezzare il pane”

La Parola odierna è interamente determinata dal rapporto tra le antiche profezie e gli eventi pasquali di Passione-Morte-Risurrezione. Ciò che negli ultimi tempi si è realizzato in Cristo corrisponde, insomma, a un disegno ampiamente annunciato dall’AT. La liturgia si apre infatti col discorso di Pietro, pronunciato nel giorno di Pentecoste, in cui l’Apostolo fa leva sul “prestabilito disegno e la prescienza di Dio” (v. 23). Il medesimo Apostolo esprime lo stesso concetto nella seconda lettura, dove afferma che Cristo era stato predestinato come Agnello pasquale “già prima della fondazione del mondo” (v. 20). Infine, nel brano evangelico lo stesso Cristo, Risorto dai morti e apparso sotto una sembianza irriconoscibile ai discepoli di Emmaus, riprende tutte le Scritture – ossia l’AT – e mostra che esse si riferivano a Lui. Punto di riferimento della liturgia della Parola odierna – come in tutto il tempo di Pasqua – è il vangelo che narra l’apparizione del Risorto. L’incontro dei discepoli di Emmaus col Signore risorto è talmente pieno di spunti teologici e spirituali che occorrerebbe un’analisi accurata per esaurire l’argomento. Ad ogni modo, a noi interessano i punti di contatto che giustificano l’accostamento delle letture. La base della scelta dei brani di oggi, come abbiamo accennato, è costituita dalla realizzazione delle profezie fatte a riguardo di Cristo nell’AT. Quando lo sconosciuto compagno di viaggio chiede informazioni ai discepoli di Emmaus circa gli eventi della Pasqua, questi ne danno un resoconto centrato solo sul presente. Non vi è nelle loro parole alcun riferimento alla Parola, alla quale avrebbero dovuto volgersi per capire la volontà di Dio. Ciò dimostra che essi non sono stati in grado di leggere gli eventi relativi al ministero pubblico di Gesù alla luce delle Scritture. È mancata una chiave indispensabile per aprire i segreti di Dio e per capire la storia e il tempo che trascorre. Il Risorto rimprovera senza mezzi termini i due discepoli, colpevoli di ignoranza biblica, la quale non si può mai scindere dall’incredulità: “Stolti e lenti di cuore” (v. 25). L’ignoranza delle Scritture, vale a dire il disinteresse circa la divina Rivelazione, è determinata proprio dalla mancanza di fede. Per chi non ha fede, infatti, la parola di Dio non è un punto di riferimento, bastando il proprio buonsenso. I discepoli di Emmaus, troppo preoccupati per il destino storico dello stato di Israele, si sono fermati al di qua della fede. Lo stato di Israele non ha ottenuto la libertà dal dominio romano. Tutto è finito. A questo punto, il Risorto si vede costretto a riprendere da zero le catechesi mistagogiche: “E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui” (v. 27). Giunti a casa, dopo la spiegazione della Parola, primo nutrimento, Gesù prepara una seconda mensa, offrendo il pane spezzato (cfr. v. 30). Qui la sua rivelazione personale raggiunge il culmine, ma proprio nel momento in cui lo riconoscono, Egli scompare. Il Risorto vive e cammina nel tempo coi suoi discepoli, ma sotto una sembianza irriconoscibile, costituita dalla Parola e dall’Eucarestia. Il Risorto è accessibile solo nei suoi segni, ma Lui, come persona, resta inevitabilmente aldilà, inafferrabile. Qualcosa di simile alla catechesi biblica di Gesù ai discepoli di Emmaus, la fa Pietro ai cittadini di Gerusalemme nel giorno di Pentecoste quando, a nome dei Dodici, pronuncia il kerygma cristiano della morte e risurrezione di Cristo, motivandola però biblicamente, mediante il riferimento esplicito al libro dei Salmi, che sembra parlare di Davide ma evidentemente – come spiega Pietro molto bene – non è così. Colui che non fu abbandonato negli inferi non è Davide ma un suo discendente: Cristo Gesù. Nella seconda lettura, Pietro riprende l’argomento, ma alla luce della consapevolezza di ciò che la nostra redenzione ha comportato: il Sangue prezioso di Cristo, dunque non un riscatto corruttibile, ma un prezzo incredibilmente alto.
  Don Vincenzo Cuffaro

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