giovedì 27 marzo 2014

20° giorno “camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. Quando si smarrisce questa visione delle cose, la volontà di Dio ci si presenta come una montagna insormontabile, come un ostacolo, come una strada chiusa dinanzi alla libertà dell’uomo.


 Le letture della liturgia odierna sviluppano il tema della fedeltà di Dio. Ciò non va inteso nel senso che Dio è fedele all’uomo, quanto piuttosto che Egli è fedele a Se Stesso; e avendo dato la sua Parola e la sua promessa di salvezza, la realizza in modo infallibile, indipendentemente da quella che può essere la risposta storica dell’uomo.
Il testo del profeta Geremia ci permette, attraverso alcuni versetti chiave, di cogliere il modo in cui la fedeltà di Dio viene presentata da questo profeta dell’esilio. Innanzitutto dobbiamo notare che l’appello del profeta, in linea con il tema del primato della grazia, non è quello di compiere particolari opere; infatti, il testo odierno si apre con le seguenti parole: “così dice il Signore: Questo comandai loro: Ascoltate la mia voce!”. Il comando di Dio, come si vede chiaramente, non consiste in primo luogo nell’esortazione a compiere una particolare opera; è, piuttosto, un’esortazione a compiere l’Opera delle opere, a compiere cioè quell’Opera dalla quale tutto prende vita: l’ascolto della voce di Dio che parla al suo popolo.
Va sottolineato, ancora, un altro versetto chiave: “camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. Dall’ascolto e dall’accoglienza di questa Parola pronunciata da Dio, mediante la bocca dei suoi profeti, dipende la più autentica felicità dell’uomo. Tale Parola uscita dalla bocca di Dio, quando è guardata con occhi innocenti, si presenta come una indicazione di percorso, tesa a evitare agli uomini le esperienze tragiche del peccato e dell’autodistruzione. Dall’altro lato, lo spirito del male ne stravolge il senso, mutando il carattere protettivo della legge di Dio in un carattere restrittivo. Egli presenta infatti, alla mente ingenua dell’uomo che non prega, la legge di Dio come un insieme di restrizioni, di obbligazioni e di strade chiuse, come se Dio volesse impedire all’uomo una maggiore pienezza di vita, chiudendo o restringendo i suoi movimenti e mortificando la sua libertà. Qui viene affermato che la giusta interpretazione della legge di Dio, non è la mortificazione dell’uomo, bensì la sua maggiore felicità, e anche quei “no” che il vangelo ci spinge a pronunciare, sono orientati alla custodia della nostra maggiore felicità, anche se sono pronunciati contro ciò che ci gratificherebbe, e non sono in nessun caso arbitrarie proibizioni di una divinità capricciosa: “camminate sempre sulla strada che vi prescriverò, perché siate felici”. Quando si smarrisce questa visione delle cose, la volontà di Dio ci si presenta come una montagna insormontabile, come un ostacolo, come una strada chiusa dinanzi alla libertà dell’uomo. Così la falsificazione del maligno ingigantisce, in modo sproporzionato e negativo, tutti quei gesti che ci avvicinerebbero a Dio e ci introdurrebbero nell’orizzonte di una felicità più grande.  
Don Vincenzo Cuffaro

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