giovedì 10 aprile 2014

32° giorno In tal modo Abramo anticipa l’atteggiamento del discepolato, in quanto non sovrappone alla Parola di Dio la propria. Egli non pronuncia alcuna parola umana di fronte alla Parola di Dio, come un vero discepolo resta prostrato nella venerazione della Parola, accoglie quello che Dio gli svela come pure quello che gli nasconde.


 Nella prima lettura questa venerazione della Parola di Dio, che introduce nel discepolato, si coglie in Abramo attraverso il suo silenzio; di lui infatti non è riportata alcuna parola. In tal modo Abramo anticipa l’atteggiamento del discepolato, in quanto non sovrappone alla Parola di Dio la propria. Egli non pronuncia alcuna parola umana di fronte alla Parola di Dio, come un vero discepolo resta prostrato nella venerazione della Parola, accoglie quello che Dio gli svela come pure quello che gli nasconde. La rivelazione destinata ad Abramo riguarda, infatti, alcune cose, che egli accoglie così come gli sono date. E non presume di sapere di più. La lettura di Genesi si conclude con l’esortazione: “Da parte tua devi osservare la mia alleanza”. Questo tema dell’Alleanza osservata, e del discepolato nei confronti della Parola, ritorna intatto nel discepolato personale di Gesù, che, come uomo, vive un suo discepolato rispetto al Padre. Come Verbo Egli è identico al Padre, ma in quanto uomo gli è inferiore. Infatti, parlando ai Giudei, Cristo si esprime con una impressionante sincerità: 
Se dicessi che non lo conosco sarei come voi un mentitore. Ma lo conosco e osservo la sua parola”. 
Ciò implica che l’osservanza della Parola di Dio è compiuta persino da Cristo, nella sua veste umana di Messia; Egli, che nei nostri confronti è l’unico Maestro, nei confronti del Padre è il primo discepolo, primo custode della sua Parola. Se da un lato Cristo si presenta come discepolo del Padre - e in forza del suo discepolato Egli diventa appunto il Maestro dell’umanità -, dall’altro lato assume esplicitamente una posizione di uguaglianza rispetto al Padre: 
Prima che Abramo fosse Io Sono”. 
A nessuno che conosca bene il libro dell’Esodo può sfuggire che la formula “Io Sono” è il nome di Dio rivelato a Mosè sul Sinai. Cristo non ha commesso qui un errore di sintassi, è piuttosto il linguaggio umano a mostrare la sua incapacità di dire l’inesprimibile. Cristo non “era” prima che Abramo fosse, ma semplicemente “è”. Inoltre, attribuendo alla sua Parola una potenza di vita, ossia una efficacia capace di mutare la realtà, è chiaro che la sua posizione viene a coincidere con quella del Dio d’Israele.  

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