domenica 6 aprile 2014

L’obiettivo principale della vita cristiana non è quello di compiere delle opere buone, ma quello di essere afferrati e abitati dallo Spirito di Cristo


 Il testo della lettera ai Romani descrive 
la condizione del cristiano nella fase della sua maturità spirituale, 
ovvero la condizione di chi è abitato, posseduto e guidato dallo Spirito di Dio. 
Per l’Apostolo Paolo non esiste in concreto un uomo capace di pensare e di decidere del proprio destino senza subire l’influsso di magnetismi extraumani che agiscono sui processi del suo pensiero. Chi non sa distinguere le molteplici forze che influiscono sulla sua interiorità
rischia di cadere nella convinzione errata di essere l’autore di tutto ciò che sorge nel suo cuore. 
L’opera di questa distinzione si chiama “discernimento”
Il cristiano, illuminato dallo Spirito di Dio, pone al vaglio tutti i suoi pensieri, 
perché sa bene che 
alcuni di essi sono suggeriti da Satana 
e altri da Dio, 
altri ancora dalla propria stessa sensibilità o dai condizionamenti ambientali. 
Solo dopo questa accurata distinzione,
egli decide cosa ascoltare, e se seguire il corso dei pensieri oppure interromperlo. 
Questo processo di discernimento avviene sotto la presidenza dello Spirito Santo
perché la mente umana, appoggiandosi al suo lume naturale, 
non sarebbe in grado di farlo senza cadere in errore. 
In definitiva, l’impossibilità di un pensare autonomo in senso assoluto 
si traduce per l’uomo in due vie, 
che in fondo sono entrambe delle condizioni di “possessione”, 
con la conseguenza che la prima, 
quella del peccato, è umiliante, 
mentre la seconda 
è l’espressione più alta della libertà
perché si è posseduti dallo Spirito di Dio, dolce e liberissimo. 
Infatti, Paolo descrive il peccato non tanto come una scelta sbagliata che uno può fare, 
ma come una potenza che esercita il suo dominio sull’essere umano 
che si lascia muovere da tale forza umiliante. 
Dall’altro lato, non gli bastano le sue risorse, qualora volesse liberarsene, 
perché solo l’ingresso di Cristo e la potenza del suo Sangue può spezzare ogni schiavitù. 
Allora la libertà totale non è affatto quella di una conquista di uno spazio neutro tra Satana e Dio, 
ma consiste nella possibilità di essere in Cristo Gesù, partecipando della sua stessa vita, 
la quale gode di una somma libertà, 
in quanto non è soggetta ad alcuna legge, 
se non a quella dell’amore. 
Stando così le cose, lo Spirito Santo si colloca al centro direttivo della nostra personalità, impedendo ad altre forze di condizionare la nostra vita. 
Chi può trasformare interiormente è soltanto Colui che è capace di abitare dentro di noi: lo Spirito di Dio. 
Quindi non si tratta ancora una volta di consegnare noi stessi come servi di qualcuno, 
ma l’essere al servizio dello Spirito Santo è l’esperienza più radicale di libertà. 
Quando nel nostro linguaggio cristiano parliamo di libertà, e diciamo di essere liberi, 
ci riferiamo alla inabitazione dello Spirito, 
perché 
dove c’è lo Spirito del Signore, 
c’è libertà” (2 Cor 3,17).
Dal momento del battesimo in poi, avvengono una serie di trasformazioni, 
che cominciano dal progressivo abbandono della logica umana
Voi però non siete sotto il dominio della carne, 
ma dello Spirito, 
dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi” (v. 9). 
Il dominio della carne è appunto la prevalenza dei pensieri dell’io umano. 
Significa che siamo passati da un padrone ad un altro: 
anche il fatto di essere al servizio di se stessi è umiliante 
come qualunque servizio reso a ciò che non è Dio. 
Se questa trasformazione si verifica davvero, 
si comincia a sperimentare alcune cose come elementi di novità osservabili nella propria vita (cfr. Rm 8,5). 
Solo lo Spirito Santo può orientare il nostro pensiero verso le verità eterne e farcele amare. 
Allora bisogna porre la dovuta attenzione anche ai contenuti del nostro pensiero, 
i quali, come i sintomi per un medico, 
ci permettono di capire da chi siamo abitati, 
e conoscere quale spirito esercita su di noi la sua influenza. 
L’influsso dello spirito del male produce 
una chiusura dei pensieri dell’uomo nell’aldiqua, 
una specie di incatenamento nelle cose, nelle circostanze contingenti, nelle realtà 
che iniziano e finiscono nella vita quotidiana, 
ma che vengono vissute come se fossero assolute; 
questi sintomi sono indicativi e svelano eloquentemente 
chi è il padrone al quale stiamo rendendo il nostro servizio
Al contrario, 
l’essere posseduti, invasati dallo Spirito di Cristo, 
produce cambiamenti sostanziali; 
prima di tutto nei contenuti del pensiero, 
che viene liberato dalla schiavitù delle cose terrene, 
da questo orizzonte chiuso su se stesso. 
Così la nostra mente comincia a spaziare nella speranza, 
priva di confini, dei beni eterni, amati e desiderati come se già in qualche modo si conoscessero. 
Il Signore, infatti, non vuole che restiamo chiusi e incatenati nel piccolo spazio dell’aldiqua. 
Il trasferimento da tali angustie mentali alle visioni aperte di ciò che è eterno, 
è esso stesso un’esperienza divina di liberazione del nostro pensiero, 
che viene tirato fuori dall’asfissia della sapienza terrestre. 
La trasformazione dei contenuti del pensiero è necessaria, 
perché l’uomo sperimenti il passaggio dalla schiavitù 
che umilia alla servitù che invece innalza verso le altezze e verso la dignità dell’essere figli. 
A questo riguardo l’Apostolo è molto preciso: 
Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, 
non gli appartiene” (v. 9). 
Non è un problema di essere brave persone o onesti cittadini, 
occorre invece sapere da quale spirito siamo abitati e mossi. 
L’obiettivo principale della vita cristiana non è quello di compiere delle opere buone, 
ma quello di essere afferrati e abitati dallo Spirito di Cristo. 
Questa è l’esperienza divina di libertà 
che il cristianesimo promette a tutti coloro che si sottomettono a Dio.
Don Vincenzo Cuffaro

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