venerdì 2 maggio 2014

Il cristiano non trova la sua felicità nel servire Dio nelle cose gradevoli, nella gioia gratificante o nel gusto insito nell’atto stesso di servire Dio. Il cristiano trova la sua gioia nell’adesione a quello che Dio decreta momento per momento sia che sia gradevole, sia che non lo sia. I


La comunità cristiana viene ancora presentata e dipinta sotto i nostri occhi attraverso il brano odierno degli Atti, che riporta una seduta del sinedrio e in essa un intervento risolutivo di un fariseo, dottore della Legge, di nome Gamaliele. Il suo intervento ci permette di cogliere, come in controluce, una caratteristica fondamentale della comunità cristiana. In controluce in quanto Gamaliele non aderisce alla comunità cristiana, e perciò solamente in modo indiretto le sue parole rivelano una verità collegata alla natura stessa del cristianesimo, cioè quella di essere una pianticella piantata da Dio e non un’invenzione umana. Anche se personalmente Gamaliele non aderisce alla comunità cristiana, egli non aderisce nemmeno alla politica persecutoria del sinedrio e nel suo intervento viene enunciato un importante principio di discernimento. Il principio di discernimento a cui ci riferiamo è il seguente: qualunque iniziativa umana è destinata a cadere da sola, col tempo e senza bisogno di persecuzioni; questo principio Gamaliele lo conferma attraverso l’esperienza della storia recente, nella quale si dimostra che tutti coloro che sono comparsi sulla scena d’Israele parlando nel nome di Dio, ma senza essere stati mandati da Lui, sono finiti nel nulla insieme ai loro seguaci. Non è invece possibile che una pianticella piantata da Dio, possa essere sradicata dall’ostilità umana. Si vede chiaramente come Gamaliele prenda le distanze nel momento in cui dice: “Non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio” (v. 39). Non vi accada. Non dice: non ci accada. Egli è già lontano da questa prospettiva persecutoria, non perché abbia aderito alla comunità cristiana, né perché abbia riconosciuto Cristo come Messia, ma semplicemente perché il tempo avrebbe dato il suo infallibile responso. E la smentita della storia è la più cocente, per chi si trova dalla parte del torto.
Questo ci permette di spingere lo sguardo al di là delle parole di Gamaliele per riconoscere nella comunità cristiana, e nella vita della Chiesa, un germoglio che non può essere sradicato da nessuna tempesta; questa è un’altra ragione per cui nel vocabolario del cristiano la parola “scoraggiamento” non si trova: perché non esiste. La Chiesa può essere perseguitata, può essere oscurata, può essere impoverita dal peccato dei suoi membri, ma rimane una proprietà di Dio, rimane nella sua identità di Sposa uscita dal costato del Messia Crocifisso. Per quanto possa essere soffocata dagli eventi esterni, o dalla mancanza interna di santità, in un momento in cui nessuno se l’aspetta essa può sempre rifiorire, non essendo umana la sua origine. Mentre, secondo il consiglio di Gamaliele, quelli che combattono contro Dio sono destinati a fratturarsi cozzando contro la Roccia di Sion. Ma questo è vero anche all’interno stesso della vita della Chiesa: tutte le pianticelle che non sono piantate da Dio sono destinate a morire (cfr. Mt 15,13) e le iniziative di quelli che parlano nel nome del Signore, senza essere stati mandati da Lui, sono destinate allo stesso epilogo di Teuda e di Giuda il Galileo: la morte per loro e la dispersione dei loro seguaci. Non così per le comunità legittime, non così per coloro che parlano nel nome di Cristo, essendo stati legittimamente mandati da Lui.
C’è ancora un altro versetto chiave che occorre mettere in evidenza: i discepoli, dopo essere stati fustigati, se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù. Questa caratteristica ci riconduce ad un altro aspetto della libertà dei cristiani. Il cristiano non trova la sua felicità nel servire Dio nelle cose gradevoli, nella gioia gratificante o nel gusto insito nell’atto stesso di servire Dio. Il cristiano trova la sua gioia nell’adesione a quello che Dio decreta momento per momento sia che sia gradevole, sia che non lo sia. I discepoli, che vengono fustigati e subito dopo rilasciati, dimostrano che per loro servire Cristo non coincide con una qualche gratificazione connessa a ciò che essi hanno fatto; per loro, servire Cristo è essere felici di compiere quello che Lui vuole, anche se si trattasse della fustigazione e del disonore. Questa è una condizione di libertà che consente al cristiano di vivere con uno spirito superiore, indifferente nei confronti del successo e indifferente nei confronti del fallimento, considerati da lui come due impostori. L’unica cosa reale è che Cristo, in questo momento, mi chiede questo, e questo io gli offro, sia che mi piaccia sia che non piaccia alla mia sensibilità. So bene, infatti, che non è questo che conta: quello che conta è l’amore per Gesù Cristo, per cui si è felici anche nell’essere oltraggiati per il suo nome. Questa è la libertà stupenda del cristiano!
Don Vincenzo  Cuffaro

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