martedì 27 maggio 2014

invece di ripiegarsi e di piangersi addosso, cantano inni a Dio nel cuore della notte. È proprio questo l’unico atteggiamento in cui il mistero pasquale può manifestarsi nella vita dei cristiani.


At 16,22-34 “Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia”
Salmo 137 “Nella tua bontà soccorrimi, Signore”
Gv 16,5-11 “Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore”
Paolo e Sila, respinti, rifiutati, bastonati e poi gettati in prigione, invece di ripiegarsi e di piangersi addosso, cantano inni a Dio nel cuore della notte. È proprio questo l’unico atteggiamento in cui il mistero pasquale può manifestarsi nella vita dei cristiani. Paolo e Sila cantano inni e Dio interviene durante la lode che innalzano a Lui: “D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione”. Questa è la potenza della lode: un terremoto così forte che scuote tutto fino alle fondamenta. La lode fa tremare l’inferno, ma soprattutto, dal momento che il pensiero umano non è più incatenato su se stesso, Dio può finalmente agire, dimostrando di essere Lui l’unico vero liberatore dell’uomo: “subito le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti”. Questo versetto è l’immagine della liberazione, che avviene nel contesto della lode. Con ciò Luca vuole rilevare che, nel momento in cui il pensiero umano vince il ripiegamento, si apre per il Signore uno spazio salvifico di manifestazione della sua potenza. La potenza della liberazione passa dunque attraverso la capacità del discepolo di cantare inni a Dio quando è colpito, bastonato e messo in carcere. Il ripiegamento su se stesso impedisce allo Spirito Santo di agire. Infatti, può sembrare strano che lo Spirito di Dio in certe circostanze sia impotente, ma è Lui stesso che ha stabilito dei limiti ben precisi, che non vuole varcare. Lo Spirito Santo non varcherà mai la soglia della sfiducia e non interverrà mai nella vita di coloro che non si fidano di Dio. Se Paolo e Sila, anziché elevarsi a Dio con la preghiera di lode, avessero cominciato a piangere l’uno sull’altro, autocommiserandosi, non ci sarebbe stato nessun terremoto, né alcuno scuotimento delle fondamenta della prigione; nessuna porta si sarebbe aperta, nessuna libertà offerta. Lo Spirito Santo non intende varcare i limiti della sfiducia. La sfiducia gli chiude le porte irreversibilmente al punto tale che l’uomo non può sperimentare più la potenza di liberazione del Cristo risorto. 
Don Vincenzo Cuffaro

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